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Quando la scultura incontra la natura: l'arte subacquea di Jason Taylor.

Nella sua volontà di "Taking art off of the white walls of a gallery" per portarla nel mondo, al fine di renderla paradossalmente più fruibile, anche se sul fondo del mare, si scorge la forte volontà di catalizzare l’attenzione delle persone.

Jason deCaires Taylor è un artista inglese (classe 1974) formatosi fra l’Europa e l’Asia e diplomatosi al London Institute of Arts in scultura nel 1998. Nella propria ricerca egli ha unito all’arte statuaria la passione per la subacquea e una sensibilità nei confronti del mondo naturale, dando vita a spettacolari installazioni poste sul fondo del mare. Come egli stesso ha spiegato più volte nel corso delle numerose interviste rilasciate alla BBC, CNN, USA Today, the Guardian, Vogue, New Scientist and the Discovery Channel, la sua intenzione è quella di focalizzare l’attenzione sulla salvaguardia dell’ambiente e alle interconnessioni fra il nostro operato e il mondo che ci circonda. Non a caso la sua ispirazione trae linfa dalla poetica di artisti come Christo, Richard Long e Claes Oldenburg da sempre attenti al rapporto fra le opere, l’uomo e il mondo.

La scelta di porre in fondo all’oceano le proprie sculture, raffiguranti forme umane colte in atteggiamenti quotidiani, porta con sé numerose possibilità di lettura. La prima è insita nel materiale stesso con cui Taylor crea le proprie opere: esse sono costituite da materiali "environmentally-friendly", che a contatto con l’acqua marina favoriscono la naturale creazione di coralli. Le statue, inizialmente elementi estranei al mondo marino, diventano così parte di esso. Come l’artista stesso ha spiegato “It’s environmental evolution, art intervention as growth, or a balancing of relationships”. Infatti le statue non solo mutano con il passare del tempo, quasi dotate di vita propria all’interno dello scenario marino, ma diventano parte attiva della lotta contro la distruzione del patrimonio marino. Avvalendosi dell’aiuto di biologi marini Taylor crea all’interno delle sue opere habitat idonei alla salvaguardia e alla proliferazione delle specie acquatiche.

In The Anthropocene (2011), che riproduce un Maggiolino della Volkswagen, egli ha inserito una vera e propria “Lobster City”, una città per le aragoste.

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Mentre con Inercia (2011), che raffigura un uomo che guarda la televisione, simbolo di una società noncurante della degenerazione della situazione ambientale, Taylor, in modo ironico, attua un ribaltamento prospettico e di significati trasformando la televisione in uno spazio adatto per lo sviluppo di pesci neonati.

Un altro aspetto molto interessante, su cui Taylor pone l’accento, è quello che riguarda la fruizione di tale opere: una fruizione che non è mai neutra, ma al contrario molto condizionata dal luogo. Qui come non mai elementi esterni influiscono sulla visione delle opere, che non potrà mai essere uguale a se stessa, ma sempre mutevole, così come lo è la natura e la vita.

Al 2006 risale la creazione del più grande parco di statue subacquee, situato al largo delle coste dell’isola caraibica di Grenada, che è stato segnalato dal National Geographic fra le venticinque meraviglie del mondo. Tayor ha inoltre dato vita al MUSA (Museo Subacuatico de Artein) in cui è possibile ammirare oltre 500 opere immerse al largo della costa di Cancun in Messico. Uno spettacolo incredibile quello che si offre ai visitatori attravero la maschera e che Forbes ha definito uno delle più incredibili destinazioni di viaggio.

Nella sua volontà di "Taking art off of the white walls of a gallery" per portarla nel mondo, al fine di renderla paradossalmente più fruibile, anche se sul fondo del mare, si scorge la forte volontà di catalizzare l’attenzione delle persone sulla necessità di preservare il patrimonio marino e il suo ecosistema. Una lotta che questo artista porta avanti con determinazione e creatività, ricordando che anche l’arte può essere un’arma affilata, quanto bella, nella lotta in difesa della natura.

Scritto da Ilaria Rossi