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In questa sera di un'estate infinitamente calda la luna di Bagno Vignoni si specchia opalescente e mistica nelle acque sulfuree dell'antica piscina termale, attorno alla quale discrete presenze ai tavoli dei locali godono di un momento sospeso nel tempo. In piena stagione turistica qui è pace, riposo e silenzio, interrotto solo dal tintinnio dei calici di buon vino, Brunello, Rosso di Montalcino, Orcia rosso.

Il nostro tavolo gode di una fortuna supplementare, oltre alla vista della magica piazza d'acque; è accanto al portoncino, ora chiuso, di un'erboristeria da cui provengono aromi e profumi che attraverso le narici arrivano al cuore e lo rallegrano. Ogni volta che vengo qui faccio incetta di tisane e tè aromatizzati, o di qualche ninnolo speciale, come questa piccola sfera sonora d'argento che porto al collo legata ad un cordoncino nero. Al suo interno un piccolo vibrafono che, dice la tradizione, chiama gli angeli ad esaudire i tuoi desideri più segreti.

L'amico che mi accompagna, direttore di un'importante azienda biologica e grande esperto di vini e di desideri, mi dice che questo, tra Val d'Orcia e Val di Chiana, è per eccellenza il luogo in cui i sogni diventano realtà e i desideri vengono appagati. La sua è la storia di un innamoramento per il territorio che procede di pari passo con la passione per il suo lavoro. Nel corso degli anni, nelle aziende in cui ha lavorato, ha inanellato premi nazionali e internazionali per la produzione dei migliori vini. E anche ora che la sua attività lo ha portato lontano dalla Toscana, vi ritorna con regolarità. Perché qui ha percepito un'accoglienza nelle persone e trovato una bellezza nei luoghi che lo hanno fatto subito sentire a casa, e sciolto le sue resistenze di friulano tutto d'un pezzo. “Sembrava che questo posto mi aspettasse da sempre e che ci fosse uno spazio ben preciso anche per me” sono le parole di un'appartenenza che va al di là dei movimenti e delle giravolte della vita.

Siamo approdati a Bagno Vignoni per cena, perché amiamo entrambi la dolcezza notturna di questo posto, che dai tempi degli Etruschi, poi dei Romani, fino ad arrivare al Medio Evo, con la via Francigena che corre non lontana dalle terme, e San Quirico d'Orcia a vegliare dall'alto, ha sempre dato ricetto ai pellegrini. Ma pernotteremo in un altro luogo meraviglioso, che è la Grancia di Castello di Spedaletto, lungo la strada che costeggia il fiume Orcia. Siamo talmente immersi nella Storia e nella Bellezza, e non a caso ho usato le lettere maiuscole, che diventa arduo trovare parole per rendere onore ai luoghi senza banalizzarli. La Val d'Orcia, dichiarata patrimonio dell'Umanità dall'Unesco, è costellata da gioielli preziosi, mantenuti con cura e attenzione da persone altrettanto innamorate e appassionate quanto lo è il mio amico. Quindi avremo la fortuna di dormire in un vero castello, che ha avuto tante destinazioni nel corso del tempo e un'anima nobile e accogliente che continua a vivere e ad aprirsi al presente, integrando tra le sue mura vetuste le tecnologie e i comfort più avanzati.

In questo viaggio sappiamo entrambi che non è importante la meta ma il percorso, proprio come nella vita. Per cui siamo stati disponibili fin da subito a fare deviazioni e soste dove abbiamo sentito di essere “chiamati”, andando in lungo e in largo per il crinale tra Val d'Orcia e Val di Chiana, con la presenza vigile delle crete senesi a raccogliere luci ed ombre delle nostre giornate.

Condotti da motivi affettivi ci siamo fermati alcuni giorni a Trequanda, un altro paese d'eccellenza, insignito della bandiera arancione dal Touring Club Italiano, dove il mio amico ha lavorato per anni. Qui ci sono gli amici importanti e i luoghi inseparabili dalle esperienze vissute. Gli stessi amici con cui si riprende un discorso mai interrotto e sempre coinvolgente sulla terra, le annate del vino e dell'olio, i problemi quotidiani, e anche la politica, con quanto di buono può significare nel fare le scelte giuste e i giusti investimenti, e garantire un futuro a questi luoghi. Qui ogni anno, d'ottobre, si viene alla festa dell'olio “novo”, perché a Trequanda l'olio nuovo arriva prima che da ogni altra parte d'Italia, ed è talmente buono da varcare gli oceani e andare per il mondo, apprezzato ovunque.

Non potevamo perderci il tramonto dalla piazzetta panoramica che domina la Val d'Orcia, chiacchierando di amori passati e di progetti futuri, mentre le campane delle chiese del paese davano i rintocchi del vespro.

E non potevamo perderci nemmeno quell'altro tramonto, quando andando verso Pienza, per un crinale boscoso e selvaggio, abbiamo deciso di fermarci a Montefollonico, e gustarci un calice di rosso d'annata, davanti all'orizzonte più infuocato che avessi mai visto. Bellezza della natura, delle pietre antiche sapientemente conservate, degli acciottolati puliti tra le cui fessure l'erba continua a crescere verde e discreta come mille anni fa.

Trequanda ha tre frazioni, ognuna delle quali conserva un tesoro, e qualche bellezza segreta che è bene resti tale, per proteggerla e portarla avanti nel tempo. In fondo non è facile raggiungere con i mezzi pubblici questi luoghi, e forse è proprio per questo che mantengono inalterata la loro magia.

L'unica stazione presente vede passare due volte l'anno un treno a vapore per i turisti. Si può dire che le crete senesi e la Val d'Orcia, insieme alla Maremma, siano tagliate fuori dalle arterie di grande comunicazione, anche per scelta. La fatica di scendere e salire crinali e fare tornanti è però pienamente ripagata dalle atmosfere suggestive, dall'autenticità del paesaggio, dei cibi e delle tradizioni. A Castelmuzio ci facciamo rapire dalla vista impareggiabile della vallata punteggiata di vigne e oliveti, con sullo sfondo il monte Amiata, imponente e protettivo, la “montagna sacra” che da anni ospita nel comune di Arcidosso una folta comunità buddista presso la quale ho conosciuto il maestro tibetano Norbu Rinpoche e ho imparato a praticare la meditazione.

A Petroio si fanno bellissime terrecotte secondo una tradizione secolare. Una vera perla di rara bellezza è l'ultima frazione di Trequanda, Abbadia Sicille, con la sua chiesa medievale di Santa Maria, che fu dei cavalieri Templari, come testimonia l'iscrizione sull'architrave del portale, racchiusa tra due croci di Malta, antico simbolo dell'Ordine Templare, e passò poi ai monaci di Monte Oliveto, quando l'Ordine fu sciolto. Attualmente il complesso abbaziale è stato trasformato in un resort di alto livello, che è un modo per salvare dall'incuria del tempo che passa un patrimonio di storia e civiltà tanto interessante.

A Montisi ci siamo concessi un pranzo speciale sotto il pergolato del ristorante di Roberto, che è un cultore e un filosofo della cucina toscana. Ogni ingrediente è da lui personalmente acquistato nelle aziende biologiche e biodinamiche della regione e di tutta l'Italia, ogni ricetta vagliata e ogni piatto spiegato. Mangiare nel suo ristorante è un'esperienza colta e che lascia il segno, perché fa appello a tutti i sensi e indirizza verso una consapevolezza del cibo. Ai tavoli accanto al nostro abbiamo sentito parlare molte lingue diverse: Inglese, americano, portoghese, giapponese e cinese. Vengono qui prenotando on line da ogni parte del mondo, per fare questa esperienza, che condivide qualcosa di mistico con la bellezza delle colline e delle mandrie di bianche, imponenti chianine al pascolo, con le crete che cambiano colore di ora in ora e le chiese che contengono tesori d'arte, anche quando sono disperse in qualche piccolo borgo remoto, solitarie e lontane da Siena e Firenze.

Mentre ripercorriamo le tappe del nostro viaggio, dalla grande piscina d'acqua sulfurea si leva una nebbiolina che comincia a smussare i contorni delle cose e ci riporta alla memoria l'immagine del film “Nostalghia” di Andrej Tarkovskij, in cui il protagonista deve attraversare la piscina di Santa Caterina da un bordo all'altro con una candela accesa in mano, per adempiere ad una promessa fatta. Solo se riuscirà a tenere accesa quella fiamma la sua speranza di pace e di amore, per sé e per il mondo intero, si avvererà. Forse questo è anche il segreto che mantiene vivo il fascino e il potere di attrazione dei luoghi che abbiamo attraversato. Vi si respira armonia, bellezza e speranza. La gente li ama e ci vive e combatte per mantenerli vivi, belli e fruibili. La gente di qui è orgogliosa e consapevole che non è stato mai senza prezzo e fatica che si è mantenuto un mondo in cui arte, territorio, risorse e cibo hanno il denominatore comune dell'eccellenza. Ma ne è valsa la pena, di combattere di generazione in generazione, affinché questo patrimonio continuasse ad esistere e a proiettarsi nel futuro. E questa determinazione ha contagiato anche i numerosi stranieri che hanno deciso di vivere e investire qui, creando imprese di livello nel settore vinicolo.

Quello che troviamo così ben rappresentato è il paradigma italiano; ogni regione d'Italia lo condivide fin dal Rinascimento, quando la nostra nazione non esisteva, ma esistevano cento capitali italiane, depositarie di tesori d'arte e cultura tanto copiosi e diffusi da destare lo stupore dei viaggiatori stranieri.

Abbiamo più che mai bisogno di attraversare metaforicamente quella piscina, mantenendo accesa la fiamma della speranza e il desiderio di consegnare ai figli e ai nipoti la cultura, la bellezza e i valori della nostra terra.

A proposito di tradizioni, spingendoci verso la Val di Chiana, per una visita a Cortona, da cui volevamo ammirare le propaggini del lago Trasimeno e la stupenda pianura che si perde a vista d'occhio, ci siamo imbattuti in una vecchia trattoria del centro storico, in cui il tempo sembra essersi fermato agli anni '50.

Cinque tavoli stretti stretti, le tovaglie di cerata e una vecchia stufa a legna per cucinare. Il proprietario un toscano verace con la battuta pronta, il menù fatto di pochi piatti della tradizione cucinati a dovere da sua moglie, ottima cuoca: i pici al ragù ben conditi e le bistecche di chianina, la ribollita, la pappa con il pomodoro e le verdure dell'orto saltate per chi vuol star leggero e vegetariano. E tutt'attorno un'atmosfera di convivialità piacevole e all'antica. Ci si stringe un poco ma ogni nuovo arrivato trova posto attorno a quei cinque tavoli, nessuno viene lasciato a stomaco vuoto. Un bel modo per congedarci da questa terra con una stretta di mano e una promessa di ritornare. Questo non è solo un luogo in cui i sogni si avverano. E' anche un luogo in cui non si è perduta la ricetta della felicità.

Daniela Faccenda

 

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