
Il Sacro Bosco di Bomarzo, nominato anche Villa delle Meraviglie, è un parco che si estende per circa tre ettari e riserva al visitatore continue sorprese. Sculture fantastiche e grottesche si ergono nel bosco tra alberi di conifere e latifoglie, creando un’atmosfera surreale, quasi magica. Il percorso immerso nella natura ospita sculture di varia grandezza; enormi animali mitologici, come tartarughe e ninfe, si alternano a sfingi e a edifici classici che annullano le regole della prospettiva, tanto da essere denominati “architetture impossibili”. Le rocce, accuratamente scolpite sul posto, si animano in terribili creature, tra alberi e una vegetazione selvaggia. Le loro proporzioni si dilatano nello spazio e la fantasia prevale sulla realtà in ogni angolo. L’itinerario si presenta come una sequenza di apparizioni, talora spaventose, talora piacevoli, che non sembrano seguire un ordine logico. Incubo e spensieratezza assalgono il turista, e in questa tensione emozionale è evidente il riferimento alla
Il progetto rappresenta un’esaltazione del genere grottesco e della letteratura rinascimentale, tuttavia ancora oggi non si conoscono i veri motivi che hanno spinto il Principe alla realizzazione del parco. Alcuni suppongono che si tratti di un percorso d’iniziazione a riti magici, altri più semplicemente che il proprietario volesse circondarsi di un luogo incantato nel quale passare del tempo in compagnia di animali misteriosi. Dopo il 1585 il territorio fu abbandonato e solo nella seconda metà del Novecento i coniugi Bettini si occuparono della sua restaurazione. Il nuovo allestimento cercò di conservare, per quanto fosse possibile, la disposizione originaria delle opere, purtroppo però, salvo alcuni casi documentati, sono poche le testimonianze del XVI secolo giunte ai giorni nostri.
Oggi il Sacro Bosco di Bomarzo si presenta come un luogo di incontro tra arte e letteratura, nel quale è possibile visitare un mondo magico che esula dalla realtà. Esso, infatti, viene definito come un unicum tra i giardini del Cinquecento, in quanto si differenzia dai contemporanei rinascimentali italiani, pur inserendosi nell’erudita cultura di quel periodo.
Maria Chiara Conti

