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Incontriamo Fabio Borsani, Chief Designer dell’azienda UNIVET, importante realtà Italiana nota a livello internazionale dedicata alla produzione di dispositivi ottici per la protezione individuale. Una carriera costellata di successi, lo ha condotto all’assegnazione del “Red Dot Award 2015”, uno dei premi più prestigiosi nel campo del product design.

Fabio, da dove nasce la profonda passione che da anni riversi con energia nella tua professione?

“Posso tranquillamente asserire che il mondo occhiale mi appartiene da sempre, poiché fa parte del DNA trasmessomi dalla mia famiglia allargata, la Baruffaldi, azienda italiana leader nell’universo dell’occhiale sportivo nel trentennio 60/90 del ‘900. Dico famiglia allargata perché la mia passione, conoscenza e manualità, partono da quello che ho carpito e appreso da quegli uomini e donne che per oltre trent’anni, diretti da Bruno Dino Baruffaldi e da mio padre, hanno saputo trasmettermi quella creatività e artigianalità tipica dell’Italia di quei decenni. Creatività respirabile e ben distribuita in ogni angolo dei cinque piani di quella fabbrica, che potrei tranquillamente definire casa, perché ha caratterizzato 25 anni della mia vita trasformandosi da luogo di giochi, a studio, da esperienza lavorativa, a valorizzazione per quei talenti che probabilmente facevano già parte del mio DNA, ma che solo dopo essere stati a lungo coltivati sono potuti emergere”.

Possiamo considerarli momenti unici e indelebili? O anche segnali inequivocabili di ciò che sarebbe avvenuto nella tua vita pochi anni dopo?

“Certo, li sento profondamente miei, unici e indimenticabili passaggi della mia adolescenza, attimi indefinibili che hanno tracciato la crescita umana e professionale di un bambino curioso, innamorato della creatività, dell’artigianalità e del gusto del bello, che da sempre contraddistingue gli italiani; basta guardarsi intorno per essere contaminati da quello che la natura e la storia ci hanno lasciato”.

Cosa rappresenta per te il disegno?

“Considero il disegno il naturale completamento alla mia predisposizione verso la creatività. Un qualcosa di speciale, difficile da definirsi nella materia. Una favola che prende corpo, cambia repentinamente in corso e chissà quante altre e innumerevoli volte lo si dovrà fare, fino al raggiungimento e realizzazione dell’oggetto sognato. Come nella mente di un bambino, con la capacità di fantasticare che ogni essere umano ha, prende forma astratta e poi… ecco, direi che il disegno è come il sogno, seppur ancora da realizzare”.

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Oltre alle doti innate e ai percorsi di studio effettuati, in che modo si è svolta la tua formazione pratica?

“Non appena mi era possibile, al di fuori degli orari di studio, trascorrevo ore con i professionisti dell’azienda; oserei definirmi una spugna, oggi come allora, desiderosa di apprendere i segreti e i dettagli necessari per addomesticare quella variegata tipologia di materiali e colori che avevo sempre a disposizione; dalle plastiche, agli acetati, dai metalli, al pellame, dalle gomme e alle lenti.

Tutti materiali utili per realizzare occhiali, maschere da sci o da motociclista, oppure a volte solo per sperimentare quelle che mio padre definiva come le mie malsane idee e visioni di oggetti di design, anche se poi sempre accondiscendente, mi spronava e aiutava a realizzarle”.

Qual’è stato il tuo excursus lavorativo?

“Verso la metà degli anni ’90 la Baruffaldi dovette confrontarsi, suo malgrado, con una competitività sempre più agguerrita. La manualità e l’artigianalità dell’azienda non erano più sufficienti e la prematura scomparsa di mio padre non fece altro che rimarcare l’importanza di un necessario cambiamento.
Il 1997 fu l’anno della svolta. Un imprenditore bresciano, l’ingegnere Armando Portesi, intuì le potenzialità offerte da un mercato fino ad allora rivelatosi completamente sottostimato, il Safety. In quegli anni, l’introduzione di normative che strettamente regolamentavano la sicurezza sui luoghi di lavoro, avevano messo in luce tutte le lacune relative alle necessarie certificazioni di cui i DPI (Dispositivi di Protezione Individuale) dell’epoca erano totalmente sprovvisti.
Oltre a conoscere un imprenditore con una visione nuova e moderna dei mercati e con un know how che spaziava dall’automotive all’elettronica, ebbi la fortuna di conoscerlo nella sua profondità.
3Egli, con i modi e la personalità che lo contraddistinguevano, mi seppe immediatamente trasmettere gli stimoli giusti e necessari che, uniti alla sicurezza persa dopo la morte di mio padre, mi invogliarono a intraprendere questa strada.
Nasce così l’azienda Univet, in collaborazione con l’Ingegner Portesi, con il quale ho condiviso quasi venti anni di lavoro. Egli fin da subito mi spronò a utilizzare un approccio progettuale totalmente nuovo per quegli anni. Incominciai a utilizzare software di modellazione 3D e sistemi di prototipazione rapida.
Credo che la nostra sia stata tra le prime aziende italiane nel campo dell’occhialeria ad avvalersi di tali tecnologie, le quali mi permisero fin da subito di sperimentare un design libero da quei compromessi considerati  consueti nella progettazione, definita fino ad allora alla vecchia maniera.
A quel punto, le conoscenze tecniche apprese dai grandi artigiani, unite ai nuovi strumenti di lavoro, iniziarono a definire quello stile che oggi, senza ombra di dubbio, considero riconoscibile nei progetti e nel family feeling che quotidianamente cerco di donare ai prodotti Univet.
Ricordare quando progettavamo e producevamo oltre alle nostre linee anche occhiali per i grandi brand dello sport e del lusso, non fa altro che rimarcare la fortuna avuta nel poter lavorare con una grandissima squadra di persone. Una squadra che per ricerca, tecnica, amore e passione, cura quotidianamente i dettagli e l’italianità intesa come gusto del piacevole e del bello, meritando a mio umile parere, ulteriori riconoscimenti e premi futuri come il Red Dot Award, recentemente da noi ottenuto”.

Ringraziamo Fabio per l’intervista rilasciata alla testata giornalistica PMagazine e per aver condiviso con i nostri lettori il suo percorso professionale.

Piergiuseppe Donato