L’architetto inglese Norman Foster ha tenuto martedì 27 settembre una Lectio Magistralis, inaugurando il programma culturale di Cersaie 2016, il salone internazionale della ceramica e dell’arredobagno.
Dopo il saluto del vice presidente di Confindustria Ceramica Mauro Vandini, la lezione, dal titolo “10 on 10: Ten Fosters and Ten others”, è stata introdotta dallo storico dell’architettura Francesco Dal Co che l’ha definito “uno dei più grandi architetti viventi”, sottolineando come la presenza costante di aerei nella vita e nei lavori di Foster, rappresenti un chiaro esempio di coerenza tra la struttura e la funzionalità della forma.
“Sono sempre stato affascinato dai legami tra architettura, design, macchine e aerei” ha esordito l’architetto nella sua lezione, sottolineando come le strutture degli edifici ne rappresentino l’ossatura e debbano essere per questo essenziali ed espressione dell’arte del minimalismo.
Foster ha raccontato, attraverso i progetti che più lo hanno segnato, il suo percorso professionale, partendo dall’esperienza dello studio Team 4, costituito insieme a Richard Rogers.
Grande influenza ha avuto l’inventore e architetto Richard Buckminster Fuller che esplorò per primo i principi dell’uso razionale dei materiali. Non esiste nessuna parte di un edificio che non sia rilevante: geometrie e strutture semplici, che permettano alla luce di entrare prepotentemente negli edifici, sono elementi ricorrenti nelle opere di Foster.
La sede della Hongkong Bank rappresenta un esempio straordinario di come si sia frammentata la struttura, in un progetto che originariamente era una commistione tra una navicella spaziale e un aliante, uscendo quindi dal classico modulo costruttivo dei grattacieli che fino ad allora prevedeva un’ossatura centrale unica. E’ stato reinventato il concetto di aeroporto, capovolgendo la struttura e portando ciò che di pesante era “sopra”, nel sottosuolo. Come l’aeroporto di Hong Kong, l’edificio più grande del mondo, e l’Aeroporto Internazionale di Città del Messico, dove si dissolve il distacco tra tetto e parete rendendola un’unica pelle esterna. Un’esperienza “logica” in un’era digitale. Tra i progetti illustrati, il restauro del Reichstag a Berlino, con zero materiale di scarto, dove la luce entra dalla cupola per espandersi in tutto l’edificio; la sede centrale della Swiss Re alla 30 St. Mary Axe di Londra, una nuova generazione di edifici che respirano, riducendo la dipendenza dall’aria condizionata, con la struttura come la monoscocca di un aereo; il Millenium Bridge di Londra, una lama di luce minimal, che esalta la connettività dell’area urbana circostante. Infine, il recupero delle infrastrutture antistanti la National Gallery, il nuovo salotto londinese, e il centro di recupero del cervello dell’Università Ebraica di Gerusalemme. Per concludere, il progetto presentato da “The Norman Foster Foundation”, di un aeroporto per droni in laterizio, per effettuare consegne di medicinali e generi di primissima necessità in remote località dei paesi in via di sviluppo.
L’UOMO, CENTRO DELL’ARCHITETTURA
27 settembre 2016 – L’Istituto Polo Michelangelo prende parte, presso l’Europauditorium del Palazzo dei Congressi di Bologna, alla conferenza dal titolo Ten Fosters and Ten Others.
A pochi passi da noi e dalla platea di giornalisti ed esperti, si presenta Norman Foster, “uno dei più grandi architetti viventi”. Così è stato definito dallo storico Francesco Dal Co, ma Foster è anche un grande umanista; fa proprio, infatti, il concetto di proporzione elaborato nel celebre Uomo Vitruviano, ponendo l’uomo e il suo benessere al centro dell’architettura.
La Lectio Magistralis sottolinea da subito come la sua produzione sia legata agli aerei, alle sue esperienze con alianti ed elicotteri, e in particolare alla stretta relazione che intercorre fra la struttura di questi e la funzionalità delle loro forme. Così come avviene per il ruolo del designer e del progettista, dediti da un lato alla cura della superficie esterna e dall’altro allo studio della meccanica e della fisica, che determinano il perfetto funzionamento delle loro creazioni.
Dieci sono gli edifici approfonditamente narrati che segnano i punti cardine della carriera di Foster, tutti accomunati dall’inconfondibile stile che mette a nudo la più complessa delle strutture, senza celare il profondo legame tra forma, struttura e funzionalità: dalla Hong Kong Bank all’aeroporto della stessa città, dalla Swiss Re di Londra, meglio nota come The Gherkin – Il Cetriolo-, al tanto discusso Millennium Bridge sulle rive del Tamigi.
E’ forse il progetto presentato dalla “Norman Foster Foundation” che più attira la mia attenzione, e probabilmente anche quella di molti altri: The Droneport. Si tratta di un’ipotesi, ed è stata recentemente presentata all’ultima Biennale di Venezia. Dimostra concretamente come l’architettura, unita alla tecnologia e all’innovazione, possa cambiare profondamente, anche servendosi di poco, le più remote località dei paesi sottosviluppati. L’aeroporto per droni in laterizio, pensato con materiali di facile reperibilità in quei luoghi, rappresenterebbe, qualora stanziato in più aree, un’efficace rete di scambio di medicinali o beni primari, un piccolo passo verso lo sviluppo, una grande opportunità sociale.
Ilenia Fontana