“Attrezzata di occhiali da sole, cappello e infradito salgo su un furgoncino di vecchia data e parto per una visita alla storica città di Luxor, denominata la città fantasma.”
Desiderosa di nuovi stimoli ma in particolar modo di relax per mente e corpo, mi dirigo questa volta in Egitto, uno storico e prezioso paese. Quest’esperienza del tutto nuova inizia per me con un graduale abbandono della tecnologia, che mi consente, tuttavia, di concentrami a pieno su me stessa e su tutto ciò che di straordinario ho incontrato in questo luogo.
Con tablet e pc chiusi nella ventiquattrore inizio così ad appuntare parole, impressioni e alcuni piccoli disegni schizzati a mano, tutto grazie al piccolo kit di scrittura che trovo nella mia camera d’albergo: un foglio di papiro, un calamo appuntito e un flaconcino di inchiostro.
Mi trovo in un esotico e sfarzoso resort sul Mar Rosso, nel mezzo di un’insenatura d’acqua collocata tra l’Africa nord-orientale, la penisola arabica e il Sinai. Qui, il clima perennemente estivo, accompagna una vista paradisiaca, dettata dai colori della sabbia che sfuma in acque cristalline e dagli incredibili riflessi della flora e della fauna, che danzano armoniosamente tra le onde.
Dopo qualche giorno di riposo, utile ad allentare la frenesia della vita newyorkese, la mia curiosità si fa viva più che mai, ed è così che decido di partire per un’escursione. Attrezzata di occhiali da sole, cappello e infradito salgo su un furgoncino di vecchia data e parto per una visita alla storica città di Luxor, denominata la “città fantasma”. È inevitabile durante il viaggio non soffermarsi su quei silenziosi paesaggi di dune rosse e ocra, dove il deserto arido e la mancanza di anime risuonano in me un’affascinante malinconia; solo in prossimità del fiume Nilo, laddove le costruzioni e la vegetazione tornano visibili, si risveglia in me il giusto spirito. Infine, dopo cinque ore di viaggio arrivo nella città, ma prima di visitarla una grande curiosità mi porta tra i negozi di souvenir, in cerca di un ricordo da portare a New York. Tra papiri e alabastro, una statuetta del famoso faraone Tutankhamon attira particolarmente la mia attenzione, decido così di acquistarla.
POCO DOPO ACCADE UNA COSA DEL TUTTO STRAORDINARIA: mentre mi trovo seduta sulle rovine dell’antica città per dissetarmi con un tè, il delizioso souvenir che ho posto davanti a me improvvisamente inizia a parlare. Con gli occhi sbarrati e a bocca aperta protendo la mano nella borsetta e dopo aver afferrato
al volo penna e taccuino inizio ad appuntare ciò che dice. “Che belle infradito! – esclama – anche noi nell’antico Egitto portavamo ciabatte simili. Nel lontano 3500 a.C. il nostro ingegno fu davvero brillante per poterle costruire”. Guardo in basso i miei piedi e ascolto incredula questo racconto, apprendendo che un tempo, queste calzature venivano realizzate seguendo la sagoma del piede che questo lasciava sulla sabbia bagnata, con la suola in papiro intrecciato e un cordino in pelle.
Di seguito alla strana conversazione riprendo il mio itinerario e proseguo verso il tempio di Luxor, dove una volta arrivata trovo innanzi a me le sfingi androcefale, affiancate l’un l’altra come soldati.
La statuetta, come un bravo cicerone, mi spiega ogni cosa di questo luogo: “A Luxor, un tempo chiamata Tebe, sorgeva un grande tempio dedicato ad Amon Ra, re degli dei. Un viale lungo tre chilometri e mezzo collegava il tempio di Luxor al tempio di Karnak, sul cui tragitto, ogni anno, il mio popolo festeggiava l’inondazione del Nilo con una processione. Le due statue rappresentanti Ramses II, poste all’ingresso del tempio, sono decorate con disegni che celebrano l’unificazione dell’Egitto; il dio Hapy è infatti rappresentato nell’atto di unire l’Alto e il Basso Egitto, simboleggiati da un fiore di loto e da un fiore di papiro, legati l’uno all’altro”.
L’ultima tappa della giornata è quella alla Valle dei Re e delle Regine, nota area archeologica che dal 1552 al 1069 a.C. fu scelta come luogo di sepoltura per i sovrani e le relative consorti: un luogo magico dove prendono spazio affascinanti decorazioni come disegni e scritture geroglifiche. La statuetta è molto entusiasta perché qui è custodita dentro a un sarcofago la sua mummia, il faraone d’Egitto Tutankhamon.
Soltanto all’imbrunire prendo coscienza di tutto il tempo trascorso in esplorazione e così, con lo speciale souvenir in mano, che improvvisamente ha smesso di parlare, scelgo ancora incredula di fare una sosta in spiaggia. Il brusio delle onde e l’aria fresca fanno svanire poco a poco la magia precedente; ma allora… era tutto un sogno? Qualunque sia la risposta voglio poterla raccontare, ed è così che inizio a scrivere, insieme al mio nuovo amico Tutankhamon, come è nata la nostra amicizia.
Joan Grey


