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THE YELLOW TREEHOUSE RESTAURANT

“Il locale è costituito da un’enorme sala da pranzo racchiusa in un involucro in legno a forma di crisalide.”

Quante volte da bambini abbiamo sognato di vivere tra gli alberi, nel silenzio e nella bellezza incontaminata della natura? Crescendo però, dobbiamo fare i conti con una realtà ben diversa da quella che ci auspicavamo, e ci troviamo spesso a vivere in città diversissime dalle nostre aspettative, dove il fruscio delle foglie e il suono dell’acqua sono solo un vago ricordo. Molte metropoli europee, soprattutto quelle nate dopo la seconda Guerra Mondiale, sono delle città super costruite, dove la speculazione economica edilizia ha portato ad edificare in ogni dove, rendendo le nostre realtà urbane sempre più invivibili, per questo motivo il lavoro di alcuni importanti architetti negli ultimi anni si è focalizzato su nuove esigenze dei cittadini, e sul desiderio di preservare gli ambienti naturali, che vanno sempre più scomparendo dai centri abitati, integrandoli nei nuovi edifici da costruire. 25 Verde, complesso abitativo realizzato dall’architetto Luciano Pia a Torino, è un chiaro esempio di questa filosofia costruttiva, il complesso, più che un edificio ricorda un vero e proprio bosco, nasce infatti per riportare il verde nella zona industriale piemontese, che in passato ospitava la primissima fabbrica della Fiat, dove ad oggi edifici industriali dismessi e resti di vecchie case fanno scudo allo splendido paesaggio circostante.

Quando eravamo piccoli sognavamo di volare, costruire castelli sulle nuvole ed esplorare la natura selvaggia, come dei veri avventurieri.Nulla nella vita è impossibile, ed anche i sogni, quelli più improbabili, possono diventare realtà. Vi presentiamo infatti un progetto che realizza questi nostri sogni, “Yellow Treehouse”, con il quale avrete la possibiltà di lievitare a dieci metri da terra, all’interno di una struttura ecosostenibile nel mezzo della foresta.

Il progetto in questione è stato realizzato dallo Studio Yellow nel 2008 in Nuova Zelanda, a nord di Auckland in un bosco di sequoie, e racchiude in sé un ristorante temporaneo. Questa idea dimostra che l’uomo riesce a superare ogni suo limite fisico, se spinto dalla creatività.Come potete vedere dalle immagini, il locale è costituito da un’enorme sala da pranzo racchiusa in un involucro in legno a forma di crisalide. La sua capienza è di trenta persone, ma la struttura si estende maggiormente grazie a una passerella di accesso, dello stesso materiale, lunga sessanta metri. Se da un lato quest’ultima e la sala vera e propria si trovano a dieci metri di altezza, la cucina e i servizi igienici sono rimasti a terra per lasciare il pavimento leggero e flessibile, in modo da regalare ai clienti un’esperienza culinaria unica nel suo genere.

L’aspetto verticale esterno deriva dalla ripetizione delle alette curve in legno lamellare di Pinus-Radiata e stecche di Pioppo, mentre il tetto è costituito da lamiere acriliche che permettono al sole di entrare e ai clienti di osservare la foresta di giorno e il cielo stellato di notte.Se nelle ore diurne la struttura si integra perfettamente con la natura circostante, di notte la grande crisalide si tramuta in una lanterna elegante e avvenente che illumina tutta la foresta.Il team addetto alla sua costruzione ha dovuto installare il prefabbricato, proteggendo l’albero, rispettando così l’ambiente e il suo ecosistema.

La sostenibilità è ottenuta attraverso la selezione dei materiali, la scarsa dipendenza da fonti energetiche esterne, la ventilazione e l’illuminazione naturali, e un ingombro minimo; è stato un approccio di squadra in tutto, dalle idee concettuali, allo sviluppo del design, fino alla progettazione della struttura, alla scelta dei materiali, alla costruibilità, alla programmazione, alle approvazioni del Consiglio e alla costruzione.Non ci sono codici per costruire in un albero e tutto doveva essere ricercato e testato.

Speriamo di avervi incuriosito e dato la possibilità di imparare qualcosa di nuovo sull’architettura organica e la sua coesistenza con tutti gli ecosistemi.

Matteo Facello