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UNA VACANZA A KM ZERO E LA MISTERIOSA CURA DEL CONTE MATTEI

“Così è nato il colpo di fulmine per l’Archetta, inusuale borgo di villini liberty sorto tra fine Ottocento e primi del Novecento dalla mente visionaria di un medico omeopatico antelitteram, il conte Cesare Mattei.”

Ci sono luoghi i quali, a dispetto del tempo che passa, dei cambiamenti fisici e delle destinazioni d’uso cui vanno incontro, conservano misteriosamente traccia dell’energia che li ha animati e modellati all’inizio della loro esistenza. Un marchio indelebile, che testimonia della forza della visione che li aveva concepiti. Da uno di questi luoghi sono stata attratta, per vie inusuali, in un’estate che ci è piombata addosso all’improvviso, senza una primavera che la preparasse. La mia primavera, come quella di tanti milioni di persone, è trascorsa tra le mura domestiche, in saluti di solidarietà ai vicini dal balcone di casa, e rapporti di affetto e di lavoro intrattenuti sullo schermo del pc. La nota dominante era un mix di paura, coraggio, rassegnazione, attesa speranzosa di poter tornare a vivere, perché quella condizione imbalsamata tra quattro mura non potevo considerarla vivere davvero. Poi una telefonata, quando i vincoli alla circolazione si sono allentati e finalmente ci si è potuti muovere da regione a regione, mi ha prospettato la possibilità di avere una casa in appennino tutta per me e per la mia famiglia, fino alla fine dell’estate. Un’amica di amici andava in Sardegna, e mi cedeva il suo rifugio montano, perché me ne prendessi cura. Sul primo momento l’idea di rintanarmi in una casa nel bosco, dopo tanto isolamento e distanza dai miei simili, mi ha lasciato perplessa. Poi è prevalsa l’attrattiva di stare in libertà, all’aria aperta, sentire la carezza del vento e il calore del sole sulla pelle senza l’abituale mascherina e i dispositivi igienici che ormai costituiscono parte integrante del nostro armamentario quotidiano. Così è nato il colpo di fulmine per l’Archetta, inusuale borgo di villini liberty sorto tra fine Ottocento e primi del Novecento dalla mente visionaria di un medico omeopatico antelitteram, il conte Cesare Mattei, il quale, dopo aver costruito il castello eclettico della Rocchetta, in territorio di Riola, una piccola frazione di Grizzana Morandi, dove aveva posto il quartier generale della sua medicina elettromeopatica, aveva poi disseminato la zona circostante di abitazioni, che

dovevano accogliere i numerosi pazienti che si affidavano alle sue cure. Per conoscere le complesse vicende del conte, delle sue scoperte mediche, le cui misteriose formule sembra siano scomparse con la sua morte, e visitare il bellissimo restauro della Rocchetta Mattei operato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna, c’è un sito molto ben fatto, e una bibliografia interessante e piuttosto approfondita a cui rimando. Quello che ancora adesso è evidente nel vivere in questo angolo di appennino è lo studio e la cura dell’ambiente in funzione del benessere di chi doveva abitarlo. La collina che nelle foto di un secolo fa risultava piuttosto brulla, si è trasformata in un bosco rigoglioso che ospita una copiosa fauna selvatica, le ville sono circondate di siepi profumate e protette da querce, tigli, acacie, pini, cedri del Libano e abeti poderosi, in ogni angolo si trovano panchine di pietra del Montovolo o di ferro battuto degli artigiani del tempo, ancora meravigliosamente conservate, che invitano alla sosta, alla lettura, alla riflessione. Gli edifici rurali, alcuni preesistenti e riattati, altri costruiti ex novo dall’erede del conte, Mario Venturoli, nel più puro stile liberty, divennero una sontuosa residenza di campagna che doveva ospitare persone facoltose provenienti da tutta Europa per curarsi con l’elettromeopatia. Nei successivi rifacimenti si sono persi gran parte dei bellissimi fregi ornamentali e dei colori che rendevano questo borgo colorato, attraente e molto alla moda. Un altro elemento curativo dell’Archetta è il silenzio, dentro il quale i rumori della natura accompagnano e cadenzano il quotidiano, senza sopraffarlo.

E la qualità dell’aria e dell’acqua, sopraffina. Qui siamo lontani da agenti inquinanti, il torrente Limentra, che scorre poco più in basso, quest’anno a luglio particolarmente ricco d’acqua per via delle molte precipitazioni, invita a prendere un bagno nelle anse in cui rallenta la sua corsa. Molte specie di uccelli acquatici, che non si vedevano da anni in questa zona, sono ritornate a popolare le sue sponde. I mesi passati in cui noi umani ci siamo dovuti rinchiudere nelle case per il lockdown devono avere fatto la loro parte nel rinvigorire e risanare la natura. Gli effetti sono stati immediati e visibili. Aironi e fenicotteri a far bella mostra di sé sui massi del torrente, assieme a tante altre specie di volatili, e alle prime luci dell’alba o a tarda sera i grossi ungulati, le famiglie dei cinghiali e i cervi e i caprioli che scendono dalle pendici selvagge del Montovolo e del monte Vigese ad abbeverarsi. La presenza di un giovane capriolo davanti al cancello del parco, ogni volta che arrivavo, è stato un segno ulteriore che questo sarebbe stato il “mio” posto in questa strana estate. La vita all’Archetta trascorre serena, tra una passeggiata alla Scola, borgo medievale fortificato e perfettamente restaurato, che si trova poco più in alto ed è raggiungibile direttamente dal bosco, alla Casa Costonzo, altro gioiello medievale, che fu sede di una prima, importante scuola di Medicina dell’Appennino Emiliano, o al lago di Suviana se si vuole fare un po’ di vita balneare o pagaiare in canoa. E se ci si

apre ad un raggio più ampio di territorio da esplorare, Porretta con le sue terme e gli alberghi dove approfittare di ottime Spa per la rimessa in forma, e una notevole offerta di negozi di prodotti tipici, oggettistica e abbigliamento, i paesini inerpicati sul crinale della montagna che porta a Granaglione e Lizzano in Belvedere, uno tra tutti, Lustrola, altro paese medioevale miracolosamente intatto, scoperto andando a visitare una cara amica, la sua famiglia e la sua splendida casa, oggetto di un sapiente recupero. Figli e nipoti si sono appassionati del luogo e delle innumerevoli escursioni che partendo da qui si possono fare, e nell’arco di un mese sono diventati esperti di trekking ed esploratori di luoghi splendidi e dimenticati di questo Appennino. E la sera il piacere della villeggiatura d’altri tempi, con la convivialità, le partite a burraco assieme agli amici e ai vicini di casa, accoglienti e di squisita compagnia, la lettura e la chiacchierata serale sotto le stelle. A un’ora da Bologna e poco meno dal Corno alle Scale, servitissimo da treni e bus, e con una perfetta organizzazione sanitaria tra Vergato e Porretta Terme. Non ci è mancato nulla. Cosa si può chiedere di più a una vacanza a chilometro zero? Credo che il Conte Mattei sarebbe contento nel vedere ancora vivo, abitato ed efficace un luogo nato per la cura, e che proprio oggi offre ciò di cui abbiamo necessità per stare bene nel corpo e nella mente: il verde dei boschi e dei prati a rasserenarci e darci speranza, l’azzurro del cielo per elevare il nostro spirito, la frescura trattenuta dai muri spessi delle antiche case di pietra a proteggerci dalla canicola, l’acqua purissima della fonte dell’Amore (proprio così, una fonte conosciuta da pochi e dal nome poetico) per lasciare andare le tossine e i pensieri tristi, la buona compagnia per sorridere e condividere il tempo in una ritrovata socialità senza timori e barriere. Il sentirsi parte della natura e da essa lasciarci rinvigorire come facevano i nostri antenati che popolavano questi boschi e da essi traevano la forza e il sostentamento.

 

Daniela Faccenda